Leonardo Accattoli

"Iniziate il più tardi possibile e quando avete detto quello che dovevate, uscite."

Categoria: Articoli

Appunti casalotti, 10.6.2016

Casali

 

Casali di Ussita.

Nove abitanti.

Se chiedete a un casalotto in quanti vivono a Casali, lui risponde: – Nove.

Non una decina.

Non più o meno dieci.

La città è il posto per arrotondare: una decina, una ventina, più o meno, e basta così.

Quassù no.

Quassù i numeri sono importanti.

Ché il tempo per contare non manca.

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Tira via le mie paure

(Gli Elpris insieme ad Andrea Mei)

 

Qualche tempo fa mi è capitato di intervistare gli Elpris per Bemolle, un nuovo Format ideato e curato da me che spero vedrà la luce quanto prima. Gli Elpris, per chi non li conoscesse, hanno una formazione particolare, composta da Sebastiano Pagliuca (autore e chitarrista, jeans e maglione di lana, un po’ Seattle anni ’80), Francesco Franck Coacci (bassista e icona emo del gruppo – una sorta di Demoralizzatore post-moderno), Luca Chiurchiù (batterista che sbatte col sorriso di un bambino), Matias Iobbi (voce e capelli), con l’aggiunta di Federico Cippitelli (organetto e folkabbestia!) e Giandomenico Cicchetti (violinista sul palco e uomo di poche parole nella stanza).

 

Così in un pomeriggio che si faceva sera ho chiuso in una stanza dello studio di registrazione Potemkin di Andrea Mei – caro amico, persona piacevolissima, nonché produttore dell’omonimo album degli Elpris – sei musicisti, un musicistacheèancheautoreeproduttore e una troupe televisiva, che si è dimostrato l’unico salvagente attraverso cui i discorsi nati e morti sul nulla si sono aggrappati per sopravvivere. Mentre questi sei ragazzi che sembravano essere usciti da un fumetto di Jamie Hewlett suonavano e inventavano melodie temporanee destinate a morire e resuscitare, forse, più in là, in qualche pomeriggio stanco di prove, e parlavano degli esami mancanti alla laurea, delle ragazze e delle birre che rimanevano per l’intervista, io me ne stavo seduto in un angolo e pensavo che avrei tanto dovuto continuare a suonare la chitarra e sprecare i miei sedici anni in maniera diversa invece di fermarmi al Barrè, allora, e al bar, più avanti. Forse ho iniziato a scrivere perché non ho mai iniziato a suonare. Un po’ come scegliere la morte di cui morire per vivere.

 

Comunque. Le solite frasi, poi, nette, biascicate, a rompere il tempo improvvisato: Pronti, camere pronte, le luci che si accendono, ci mettiamo in posizione?, spegni la sigaretta, nascondi le birre che è meglio non farle vedere, motore partito, bla bla bla prima…Azione, CIAK. Continua a leggere

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