Barcellona, 2010

 

Parlavo con una piacevole sconosciuta.

Dell’amore.

Che l’amore di un uomo non può essere uguale all’amore di una donna e viceversa, che da qui nasce l’incomunicabilità; che l’amore è quella parola che abbiamo inventato per definire tutto quel sentimento che viene dopo la passione, anche se sarebbe stato più giusto chiamarlo resistenza.

Mi è piaciuta un sacco questa idea della resistenza.

Poi siamo finiti a parlare dell’amore come antidoto per la morte. Gli scrittori arrivano sempre lì – a quell’infinito niente in cui si crogiolano. Ci è arrivata lei, però. Semplicemente con l’amore, o con la sconfitta dell’amore.

 

Non abbiamo saputo aggiungere una parola in più a quell’infinito niente.

A quel nebuloso tutto.

Mi sentivo ovattato.

Le parole non mi uscivano più. Quelle che avevo programmato per le mie due ore di lavoro, non mi uscivano più.

Sono andato in libreria, come mi capita spesso quando non trovo le parole.

Avevo parlato d’amore con una ragazza sconosciuta. L’amore non si dovrebbe dire, ma fare. Ma dirlo è altrettanto bello, se con i dovuti contraccettivi.

Non ho trovato il libro che cercavo. Però ne ho trovato uno che non cercavo.

Non so mai se sono io a trovare i libri che non cerco, o se sono loro a trovare me.

Mi capita spesso di notare delle coincidenze interessanti.

Un mio caro amico dice che mi capita perché osservo – che capitano a tutti, ma io le noto perché osservo di più.

Osservo e ricordo.

Come il collo del piede della donna che teneva in mano un libro di Murakami.

Murakami è per chi legge poco, per chi si accontenta, o per chi si abitua?

Ho letto molto poco di lui. Non siamo riusciti a diventare compagni di viaggio.

Un po’ lo invidiavo, però. Lì, stretto tra le mani della signora dal collo del piede indimenticabile che dovevo aver già visto al bar stamattina, o in Banca qualche giorno fa.

Tanto è bastato a farmi tornare a casa voglioso di riprendere in mano il libro di poesie che avevo scritto a vent’anni.

L’ho aperto a caso.

 

Amami bambina

come una caramella che ti ruba la saliva

Amami bambina

la fine non sarà mai vicina

Amami bambina

tu che lo sai fare

Amami bambina

sotto di noi c’è il mare.

 

Quante domande vissute senza essere poste, tra le gambe di ragazze che amavo per il piacere sublime di dedicare qualche verso. L’amore stava nel menefreghismo con cui affrontavo la pagina bianca. Di getto, senza rileggere, senza vergogna né pudore. Cazzo, fica, scopare, scrivevo tutto senza preoccuparmene. Scrivevo per intrappolare quella scopata nel letto e non farla uscire più. Avevo il terrore di dimenticare gli odori, i sapori e i gemiti di quegli amori che sembravano rinnovarsi ogni giorno.

Da lì è partito tutto.

Dagli amori affrontati di getto.

Poi è subentrata la pacatezza, e con essa la rilettura e il pudore che ne è scaturita.

Cazzofica, scopare li scrivo ancora.

Con più difficoltà, però.

Non più di getto.

Come se fossi intrappolato in quella fase di resistenza (nel senso più stretto) di cui mi parlava la mia amica sconosciuta. Quella fase che ha terribilmente paura e voglia della passione di un tempo, ma che ha troppo pudore per dichiararsi di getto, senza pensare. Quella fase che allo stesso tempo ha paura di liberarsi di se stessa.

L’equilibrio nello scrivere è un po’ come nell’amare. Lo si trova a fatica e si vive con il rischio di perderlo in un attimo. Il trucco sta nella perseveranza; nel continuare ad allenarsi senza perdere la speranza.

L’altro giorno ero in montagna. Ero con quel mio caro amico secondo cui le coincidenze mi capitano con una frequenza ossessiva perché osservo molto. Parlavamo della vetta; di quanto fosse lontana e della strada che dovevamo ancora percorrere. Lui ha citato uno scrittore, che è anche uno scalatore. Devi pensare al prossimo metro, al prossimo passo. Non pensare mai alla vetta. Quella è troppo distante. Il suo pensiero non farà altro che stancarti e demotivarti. Pensa alla mossa successiva, al prossimo piede che affronterà il passo o alla prossima roccia su cui si aggrapperà la mano. Solo così arriverai in vetta.

Solo così.

 

03.04.2016

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